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- Andrea Lippi
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- 08/08/2024
I Biglietti provvisori della Banca per le 4 legazioni
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I Biglietti provvisori della Banca per le 4 legazioni

UNO SCONTO PER GLI AMICI: L’EMISSIONE DEI BIGLIETTI PROVVISORI DELLA BANCA PER LE QUATTRO LEGAZIONI
Studio di Davide Oldrati, pubblicato sul “Gazzettino di quelli del Cordusio”, numero 10 del luglio 2023
“Una grave ed insolita questione commerciale si agita da vari mesi sulla piazza di Bologna. La Banca delle Quattro Legazioni paga i suoi biglietti con moneta straniera, valutandola al corso giornaliero di piazza, corso che viene da essa Banca fissato.”
Così esordiva l’economista Gerolamo Boccardo nel suo pamphlet del 1859 “La Banca delle Quattro Legazioni, la moneta ed il credito” in polemica con alcune pratiche adottate da una banca privata da poco fondata in Bologna da un gruppo di nobili e industriali locali.
Fondata con notificazione del 28 giugno 1855 allo scopo di subentrare alla Banca dello Stato Pontificio nella gestione della sua succursale bolognese, in seguito all’acquisizione dell’1 luglio 1855 la Banca Pontificia per le Quattro Legazioni rilevò anche il beneficio, accordato a quella succursale dal Ministero delle Finanze con notificazione del 29 aprile 1850, di emettere valuta cartacea nei territori delle Legazioni di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì. Nella sua attività potè usufruire delle giacenze dei biglietti non emessi della Banca dello Stato Pontificio, nei tagli da 10, 20, 50 e 100 scudi, ed emetterli apponendovi un timbro color turchese scuro con la dicitura “Biglietto provvisorio della Banca di Bologna per le 4 Legazioni pagabile in Bologna”.
La Banca per le Quattro Legazioni tra credito e speculazione
La gestione di questa banca fu spregiudicata e personalistica. Uno dei soci fondatori più influenti, il Marchese Carlo Bevilacqua, era stato in precedenza tra i fondatori della Cassa di Risparmio di Bologna nel 1837 e membro della Consulta di Stato per le Finanze, un organo istituito da Papa Pio IX nel 1847 con lo scopo di approntare progetti e studi innovativi della cosa pubblica. All’atto di fondazione della Banca per le Quattro Legazioni, tra i soci fondatori figura la stessa Cassa di Risparmio di Bologna, con un capitale di 50.000 Scudi romani, e appare quindi come una logica conseguenza la ratifica di una convenzione da parte di quella Cassa di Risparmio per l’accettazione dei biglietti della Banca per le Quattro Legazioni al cambio e in deposito (Renzo Bruni, “La Banca Pontificia per le Quattro Legazioni e i suoi biglietti”, Cronaca Numismatica, 19 marzo 2021).
Un’altra figura di spicco della dirigenza della Banca per le Quattro Legazioni fu il Conte Gaetano Zucchini, già consigliere d’amministrazione della Cassa di Risparmio di Bologna e fondatore, insieme ad altri importanti azionisti della Banca bolognese, della S. A. Miniere zolfuree di Romagna e della S. A. Filatura della canapa della Canonica, società che beneficiarono di prestiti ingenti da parte della stessa banca.
Una grande parte delle attività finanziarie dell’istituto bolognese fu indirizzata al finanziamento delle attività di proprietà dei suoi soci fondatori, che in pratica godettero del privilegio di emettere valuta per sé medesimi. Tuttavia il sistema era lungi dall’essere perfetto.
La cronica scarsità di moneta metallica che affliggeva da tempo l’Italia centrale, circostanza ben nota, costringeva infatti la Banca ad acquistare moneta sulle piazze francesi ad un alto tasso di interesse, che veniva poi caricato sul cambio dei biglietti insieme alle spese per le provvigioni ai corrispondenti esteri, il trasporto e la scorta armata. I biglietti provvisori erano pagati dalla Banca non già in Scudi romani, come indicato nella loro denominazione, ma in monete d’oro da 20 Franchi, i cosiddetti “Napoleoni d’oro” che, secondo la tariffa legale all’epoca vigente, equivalevano a 3,72 Scudi romani (Notificazione 3 marzo 1848). Il fatto che la Banca non osservasse la tariffa legale ma cambiasse i biglietti al valore corrente generò un acceso dibattito tra gli economisti e i giuristi dell’epoca, tra i quali si distinsero il già citato Gerolamo Boccardo, fautore di un’interpretazione per così dire metrologica della moneta (vista come misura del valore delle merci e quindi legata ad una tariffa legalmente stabilita), e l’economista Francesco Ferrara, favorevole ad una interpretazione metallista (la moneta vista come merce, quantità di metallo, e quindi soggetta a fluttuazioni di valore – si veda il suo “Dei biglietti di banco in Bologna”). Senza scendere nel merito della disputa, che ritengo interessantissima per la determinazione della natura del concetto di moneta, mi limiterò a sottolineare che la prassi della Banca per le Quattro Legazioni di osservare il valore corrente ebbe la conseguenza di circoscrivere l’area di circolazione di questi biglietti alla provincia di Bologna, in cui la tariffa dell’oro corrispondeva al cambio applicato sui biglietti, ed essi, come è naturale, non guadagnarono una più larga fiducia. La situazione è chiaramente esposta dal Boccardo (op. cit.):
“In conseguenza dello scarso suo credito, essa non riesce a far circolare i suoi biglietti che sopra una sola piazza, fuori delle cui mura le sue operazioni non possono estendersi. […] Ad una posizione così tesa, non evvi altro rimedio, fuorché o un’ampliazione della sfera d’azione, cioè del capitale e del credito della Banca, oppure una graduale restrizione delle sue operazioni di sconto.”
Lo sapeva bene la stessa dirigenza della Banca, come confermato nel verbale dell’Assemblea degli azionisti del 15 febbraio 1861 (ASBIT, Banca d’Italia, Segretariato, pratt., n. 120, fasc. 1, doc. 26), in cui si discuteva dell’opportunità o meno di procedere alla fusione con la Banca Nazionale negli Stati Sardi:
“…non debba sfuggire alla mente di alcuno, che se venisse rifiutata la fusione, la nostra Banca correrebbe pericolo, trovandosi circoscritta alla Provincia o tutt’al più alla Romagna, di vedere tra breve dileguarsi in massima parte i suoi utili, imperocché apertasi una succursale in Modena ed in Ancona non troverebbe più tanto facilmente chi accogliesse i suoi biglietti aventi corso in una regione sì ristretta, mentre quelli delle sue succursali vicine avrebbero sì largo campo, quanto è omai il vasto Regno italiano.”
L’emissione dei biglietti provvisori
Il Ferrara (op. cit.) ci spiega come avveniva l’emissione dei biglietti bolognesi:
“In che maniera a Bologna si emettono ogni momento i Biglietti? Vi è forse quel reale deposito di danaro palpabile…? No; si va al Banco per chiedervi lo sconto d’una cambiale; si dibattono le condizioni; si fissa infine una somma nominalmente in iscudi; e il banco dà de’ biglietti che promettono la stessa somma nominale di scudi.”
La Banca bolognese operava come “banca di sconto”: il suo sistema di emissione si reggeva non già sul deposito di moneta metallica, che scarseggiava, ma sull’apertura di posizioni debitorie mediante sconto di cambiali. Questo metodo la esponeva all’onere della riscossione dei crediti e al rischio di insolvenza dei debitori che, peraltro, erano in larga parte i suoi stessi soci azionisti, innescando così un evidente conflitto d’interessi.
Nel corso dei suoi quasi sei anni di vita, la Banca per le Quattro Legazioni emise una grande quantità di biglietti provvisori. Riporto in tabelle i dati riferiti nella distinta sull’emissione generale dei biglietti provvisori dall’1 luglio 1855 all’1 marzo 1861 (ASBIT, Banca d’Italia, Segretariato, pratt., n. 134, fasc. 1, doc. 45):


La tabella delle emissioni da 20 Scudi indica che i prefissi B3 e B4 furono usati due volte e ci rivela che potrebbero esistere due biglietti emessi da 20 Scudi con numeri di serie uguali ed essere entrambi autentici! Inoltre vale la pena notare di sfuggita che non si fa menzione, né qui né altrove, di una emissione da 5 Scudi, come indicato nel catalogo “Cartamoneta Italiana” di Franco Gavello, e che quindi essa non vi fu.

Quest’altra tabella ci mostra chiaramente che nel 1858 il flusso delle emissioni subì una brusca frenata. Ciò dipese probabilmente dal fatto che in quel periodo la Banca rimase coinvolta in vicende giudiziarie con le ditte Magri e Facchini, che avevano fatto ricorso alla Giustizia affinché nel cambio dei biglietti venisse loro riconosciuta la tariffa legale. Il Tribunale d’Appello di Bologna poneva fine alla disputa il 26 settembre 1860 sentenziando che: “…quando [i biglietti di banca] si vogliano cambiare con moneta estera, questa deve essere ragguagliata al corso di tariffa e non al corso commerciale o di piazza.” Nel frattempo nel biennio 1859-’60 si ebbe una ripresa delle emissioni e a voler essere maliziosi si potrebbe ipotizzare che quella rinnovata vitalità sia stata l’ultimo girotondo nel cerchio magico di un’aristocrazia bolognese ben consapevole che, a fusione compiuta, la Banca Nazionale si sarebbe sobbarcata il debito rappresentato da quei biglietti.
L’emissione complessiva ammontò, secondo i conti presentati dalla Banca per le Quattro Legazioni alla dirigenza della Banca Nazionale, a Lire 4.420.920, corrispondenti a 831.000 Scudi romani (il tasso di cambio legale corrispondeva a 5,32 Lire/Scudo romano). Considerato che la Banca bolognese era autorizzata per Statuto ad emettere valuta non oltre il triplo del suo capitale sociale, che ammontava a 200.000 Scudi, si evince un esubero di emissione di 231.000 Scudi.
Eppure, a fronte di tanta abbondanza, sul mercato collezionistico non si trovano biglietti emessi: si trova invece una grande quantità di biglietti non emessi da 10 e 20 Scudi, dotati di matrice più o meno integra, dei quali i primi recano la sola firma del Commissario di Governo mentre i secondi presentano anche la firma del Cassiere, il numero di serie e il timbro a secco. Risultano invece del tutto introvabili i tagli da 50 e 100 Scudi, anche non emessi. La ragione di questa rarità sta nel fatto che questi biglietti furono quasi tutti incassati e ritirati dopo che, nei primi mesi del 1861, la Banca per le Quattro Legazioni fu acquisita dalla Banca Nazionale nel Regno d’Italia.
La fusione con la Banca Nazionale e il ritiro dei biglietti provvisori
Nei tumultuosi anni dell’unificazione d’Italia, il sistema bancario vide una rapida e capillare razionalizzazione in cui la Banca Nazionale degli Stati Sardi, divenuta poi Banca Nazionale nel Regno d’Italia, giocò un ruolo fondamentale raggruppando diversi istituti di credito sotto il suo controllo. Nel marzo del 1860 venivano indetti i plebisciti che portavano all’annessione al Regno di Sardegna dei Ducati di Parma e Piacenza, di Modena e Reggio e di Toscana e della Legazione delle Romagne. L’evento indusse la Banca Nazionale negli Stati Sardi a considerare l’acquisizione delle banche di Bologna e di Parma. Il 17 marzo 1861 fu proclamato il Regno d’Italia e Torino divenne la capitale della nuova entità nazionale. Nell’ambito di questo processo di trasformazione, il giorno successivo la Banca per le Quattro Legazioni divenne ufficialmente succursale di Bologna della Banca Nazionale.
In vista della fusione, l’Amministrazione Centrale della Banca Nazionale negli Stati Sardi aveva inviato una Commissione a Bologna per effettuare il controllo della contabilità generale; il computo dei biglietti della banca bolognese fu effettuato dal Commissario Vittorio Piacentino, che ne diede resoconto dettagliato nella sua lettera del 7 marzo 1861 al Direttore Generale della Banca Nazionale (ASBIT, Banca d’Italia, Segretariato, pratt., n. 134, fasc. 1, doc. 43):
“Nei giorni seguenti ho provveduto io stesso alla verificazione del conto biglietti in emissione della Banca delle 4 Legazioni, facendone il confronto colle relative matrici che misi in ordine accuratamente per serie e per numeri.
Con quest’operazione, piuttosto lunga, potei accertarmi dell’esattezza del conto biglietti emessi.”
DETTAGLIO DEI BIGLIETTI IN CIRCOLAZIONE E ANNULLATI ALL’1 MARZO 1861:

Il Commissario Piacentino aveva comunicato al Cassiere della Banca per le Quattro Legazioni la modalità per l’annullamento dei biglietti ritirati (Lettera del 15 marzo 1861; ASBIT, Banca d’Italia, Segretariato, pratt., n. 134, fasc. 1, doc. 54):
“…procedere alla classificazione per ordine di creazione, serie e numero dei biglietti della Banca delle 4 Legazioni esistenti in cassa e che entreranno in seguito dalle esazioni e dal cambio, e di apporre intanto a tutti i detti biglietti il bollo annullato.”
Il ritiro dei biglietti ebbe un rapido corso sin dall’inizio con l’annullamento di 79.940 Scudi nel 1860 e 22.560 Scudi nei soli mesi di gennaio e febbraio del 1861. Nei soli otto giorni dall’1 all’8 marzo 1861 furono ritirati biglietti per circa 27.800 Scudi. Su pressione del Consiglio d’Amministrazione della Banca per le Quattro Legazioni, l’operazione fu ulteriormente agevolata dalla dichiarazione pubblica del 19 marzo in cui la Banca Nazionale si assumeva l’onere di cambiare i biglietti provvisori in circolazione “come suoi propri”.

Nel verbale della riunione del Consiglio Superiore della Banca Nazionale negli Stati Sardi del 12 marzo 1861 (ASBIT, Banca d’Italia, Verbali consiglio superiore, regg., n. 12, foglio 72) si apprende che il Consiglio aveva disposto la consegna dei biglietti ritirati e annullati alla Sede di Torino della Banca Nazionale e, secondo il verbale del 23 aprile successivo (ASBIT, Banca d’Italia, Verbali Consiglio superiore, regg., n. 12, foglio 106), a quella data l’ammontare dei biglietti della cessata Banca ancora in circolazione era sceso a Lire 1.763.367 (la cifra è probabilmente mal riportata perché non divisibile interamente nel rapporto di 5,32 Lire/Scudo).
Purtroppo, successivamente a questa data, la documentazione disponibile nell’Archivio Storico della Banca d’Italia non aiuta a seguire l’andamento delle procedure di ritiro e fino al 1875 i rendiconti periodici della situazione finanziaria della Banca Nazionale pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale non riportano l’indicazione dei biglietti da ritirare. Il primo dettaglio dei biglietti delle cessate banche ancora in circolazione, successivo di 14 anni all’ultimo dato quantitativo riscontrato, riporta la situazione al 20 maggio 1875 e parla di 7 biglietti da 20 Scudi e 28 da 10 Scudi ancora in circolazione, per un totale di 2.234,40 Lire. Il dato rimane immutato fino al settembre 1877, in cui si legge che nei primi 20 giorni del mese fu ritirato un ulteriore biglietto da 20 Scudi, portando il conto dei biglietti in circolazione a 6 biglietti da 20 Scudi e 28 da 10, per un totale di 2.128 Lire. Il tasso di cambio per questi biglietti fu mantenuto conforme al vecchio standard anche se il 18 giugno 1866 lo Scudo Romano era stato sostituito dalla Lira pontificia, che scambiava alla pari con la Lira italiana al tasso di 5,375 Lire/Scudo.
Quel biglietto da 20 Scudi risulta essere l’ultimo ritirato; infatti, 27 anni dopo, la distinta della Banca d’Italia riferita al 31 marzo 1904 (ASBIT, Banca d’Italia, Segretariato, pratt., n.732, fasc. 11, pagg. 2-3) conferma il dato del settembre 1877:

Giungiamo così all’epilogo della lunga avventura di questi biglietti: la legge 253 del 2 luglio 1896 fissa la data di prescrizione dei biglietti dei tre istituti d’emissione (Banca Nazionale, Banco di Napoli e di Sicilia) al 30 giugno 1904; anche se la normativa non fa esplicito riferimento ad essi, possiamo assumere che questa sia la data di prescrizione anche dei biglietti della Banca per le Quattro Legazioni perché la Banca Nazionale li aveva riconosciuti “come suoi propri” ben 43 anni prima. Una longevità eccezionale per dei biglietti “provvisori”!
Per quanto riguarda quei 34 biglietti residui, va da sé che se dovessero un giorno apparire sul mercato avrebbero un appeal straordinario. È opportuno quindi fare qualche considerazione a beneficio di eventuali collezionisti interessati, onde evitare di incorrere in acquisti di moderne contraffazioni a scopo speculativo, anche perché ho recentemente notato un biglietto da 10 Scudi in vendita come emesso, recante tutte e tre le firme e il taglio della matrice come da regolare emissione!
Le identità delle firme sui biglietti non emessi
Apprendiamo dal Bruni (art. cit.) che “Filippo Baravelli… già commissario del governo della succursale bolognese della Banca dello Stato pontificio dal 1852, mantenne l’incarico anche nella nuova banca [per le 4 Legazioni] fino al 27 febbraio 1860 quando, amareggiato dal fatto che le sue richieste e suppliche che costantemente rivolgeva al ministro delle finanze affinché fosse posto finalmente ordine e correttezza nella gestione venivano ignorate, si dimise”. Non avendo trovato riscontro documentale dei nominativi individuati nelle firme presenti sui biglietti non emessi (“Grossi” come Commissario Governativo e “Becari” come Cassiere), Bruni conclude che “si possa trattare di firme apposte a posteriori per puri motivi speculativi al fine di rendere più appetibili in ambito collezionistico questi biglietti”. In realtà Bruni non ha trovato riscontri perché ha cercato i nomi sbagliati e quindi la sua ipotesi è errata, oltre che inverosimile.

Firma di G. Rossi su 10 Scudi Firme di G. Rossi e V. Buzzi su 20 Scudi
Nel già citato verbale della riunione del Consiglio Superiore della Banca Nazionale negli Stati Sardi del 12 marzo 1861 (ASBIT, Banca d’Italia, Verbali consiglio superiore, regg., n. 12, foglio 71), al punto 9 si riferisce quanto segue:
“Il Commissario Governativo partecipa che il Governo ha nominato il Cav. Raffaele Pantaleoni ed il Professore Gabriele Rossi a Commissari Governativi, il primo presso la Succursale di Parma, ed il secondo presso quella di Bologna, del che si prende atto.”
Constatando che tutti i biglietti da 10 e 20 Scudi non emessi recano la firma del Commissario di Governo “G. Rossi”, nominato nel marzo 1861 quando già la Banca per le Quattro Legazioni aveva cessato le emissioni essendo divenuta succursale della Banca Nazionale, è verosimile che egli sia stato incaricato di firmarli all’atto del loro trasferimento all’Amministrazione Centrale di Torino per l’archiviazione. Di conseguenza, dobbiamo assumere che qualsiasi eventuale biglietto recante la firma del Rossi che dovesse essere proposto sul mercato come emesso andrebbe considerato contraffatto. Inoltre, possiamo desumere che tutti i biglietti non emessi disponibili sul mercato collezionistico siano di provenienza bancaria.
L’altra firma che appare sui biglietti non emessi da 20 Scudi è quella del Cassiere Vincenzo Buzzi, come risulta dall’elenco degli impiegati a ruolo presso la Banca per le Quattro Legazioni al 31 dicembre 1860 (ASBIT, Banca d’Italia, Segretariato, pratt., n. 134, fasc. 1, doc. 23), e non di “Becari”. I verbali delle Assemblee del Consiglio Superiore della Banca Nazionale (Sessioni 72° del 25 marzo 1862 e 74° dell’8 aprile 1862) testimoniano che il medesimo cassiere lasciò un consistente debito di cassa a chiusura della sua gestione e che, per questo, fu arrestato nell’aprile 1862, anche se è facile supporre che abbia espiato colpe collettive.
Conclusioni e ringraziamenti Fu una vita breve ma movimentata quella della Banca Pontificia per le Quattro Legazioni, un’istituzione creditizia minore, espressione di una potente aristocrazia locale dedita all’esercizio di antichi privilegi, che dovette cedere alle pressioni delle nuove istanze di unità nazionale. Ma, se queste ebbero la meglio sull’istituzione in sé, quei privilegiati furono invece salvaguardati a scapito delle nuove istituzioni nazionali. È una storia che ha nelle sue molte stranezze un elemento di indubbia tipicità, per cui ho creduto che raccontarla potesse interessare al lettore al di là della ristretta nicchia di collezionismo di questi biglietti. Ringrazio l’Archivio Storico della Banca d’Italia per avermi concesso di accedere alla sua banca dati e, in particolare, il preziosissimo Angelo Battilocchi, senza l’aiuto del quale sarei certamente naufra